Cronaca di una Biennale annunciata

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Sabato 24 maggio sono stata a Treviso per visitare la IX^ Biennale d’Arte del Bambino. Sotto un cielo terso, ho passeggiato in una città elegante accompagnata da un sole che faceva luccicare il Sile. La biennale d’Arte del Bambino è accolta nella Ca’ Da Noal, residenza quattrocentesca di grande bellezza e prestigio. Uno spazio espositivo, un’idea progettuale innovativa , un metodo ‘Alfabeto segno-colore’, un’associazione di volontariato e delle opere d’arte. Questa la miscela per un’esperienza estetico-educativa di tutto rilievo, che ha come protagonisti i bambini.
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Come funziona la Biennale d’Arte del Bambino?
Liana Bottiglieri Calzavara, insegnante e pittrice, ha messo a punto il metodo Alfabeto segno-colore (marchio registrato) con cui attiva corsi di aggiornamento, dai nidi fino alla scuola primaria, con la finalità di ricercare e sperimentare  la creatività artistica dei bambini. La Biennale rappresenta la conclusione del percorsi tematici proposti e realizzati ogni 2 anni. L’esposizione alla Ca’ Noal dura 3 settimane, è con  ingresso libero ed esiste la possibilità di acquisire le opere facendo una donazione. Il ricavato viene redistribuito per il 30% all’associazione della Biennale e per il 70% alla scuola che ha offerto l’opera. Il tema della prossima Biennale è “DisFare”.
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Perché visitare la Biennale d’Arte del Bambino?
– Perché è un evento unico in Italia e, in quanto tale va incentivato e partecipato.
– Perché la creatività dei bambini chiede spazio, dedizione e investimenti.
– Perché è importante discutere di espressione ed espressività, di rielaborazione e non solo di mera esecuzione.
– Perché è un momento di riflessione per tutti gli adulti che interagiscono con bambini e bambine.
– Perché è un momento di riconoscimento di ciascun partecipante.
– Perché non è vero che per i bambini non sono momenti importanti.
– Perché è un modo di vedere in cui possiamo riconoscerci o meno, ma che merita un’analisi.
– Perché è un momento per scambiarsi impressioni con chi visita la mostra, siano essi genitori, nonni o operatori di settore,
– Perché c’è sempre da imparare, anche da un’esperienza che non ci piace.

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Le mie riflessioni
Le riflessioni con cui sono tornata a casa sono state tante, di vario genere!
La prima riflessione è di natura opportunistica. Se non abitiamo a Treviso, per intraprendere un viaggio per raggiungere la Biennale dobbiamo stimare che ne valga la pena. La stima del valore di una esperienza è oggettiva e soggettiva al contempo. Forse dovremmo semplicemente valutare il nostro percorso, la nostra ideologia e il nostro approccio e intendere se (e quanto) cogliere l’opportunità di vedere altre esperienze nel nostro stesso campo, provando a interagire per creare una rete culturale.
La seconda è di natura metodologica. Dovremmo riservare a tutte le fasi del lavoro con i bambini, la stessa energia e la stessa quantità di tempo. Se considero una sommaria divisione procedurale di un progetto (1-Preparazione/introduzione; 2- Attività pratica; 3- Restituzione/esposizione) devo constatare che le energie maggiori vengono riversate nella fase centrale, mentre importanza medesima hanno sia l’introduzione all’argomento proposto, che l’esposizione di quanto realizzato!
La terza è di natura filosofica. occorre adoperarsi contro la mancanza di momenti di scambio conviviale e confronto collegiale, contro l’isolamento culturale, l’appiattimento metodologico. Occorre creare un contraddittorio funzionale e fattivo.
Incrementare un dibattito sulla reale opportunità, scambiarsi informazioni, pareri, senza avere paura qualcun’altro possa appropriarsi del nostro lavoro.
Ma questa è un’altra storia.