Libriamoci con arte

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Nell’ottobre 2015 ho partecipato ad un progetto tenutosi alla Scuola Primaria G.Pieraccini dell’ Istituto Comprensivo 2 di Poggibonsi, che aveva come referente l’insegnante Francesca Benardini. Qui tutte le foto.
L’occasione è stata LIBRIAMOCI, il progetto che vuole promuovere la lettura nelle scuole e che a fine ottobre arriva nelle classi che vi aderiscono. Invitata a riflettere su possibili connessioni empatiche tra la storia di un libro e un’esperienza legata all’arte, ho mosso i primi passi nel progetto Libriamoci con Arte. I Fantavolieri hanno rappresentato il fondamento su cui un collettivo di professioniste hanno deciso di proporre un lavoro trasversale. Ho collaborato con Annamaria Coccetti (nome noto in questo blog, vedi qui e qui), insegnante e appassionata di letteratura dell’infanzia, e Giuliana Farruggia fotografa, che ringrazio per la consulenza a distanza e per aver letteralmente ‘materializzato’ i Fantavolieri.
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Il libro
Il libro selezionato per una classe IV è stato Fantavolieri di Gioia Marchegiani Edizioni Gribaudo. Linda arriva nella casa in campagna dei nonni per trascorrere le vacanze e corre nella stanza da cui il nonno, ornitologo, usava osservare gli uccelli e tenere un taccuino di appunti. Proprio mentre è intenta a sfogliare il taccuino sente un battito d’ali, alzando gli occhi vede un uccello che sembra fatto di carta e quasi senza accorgersene lo segue. Si ritroverà ai piedi di un albero, che affonda le sue radici su una nuvola, in compagnia dei Fantavolieri. Uccelli speciali che possono essere visti solo con gli occhi della fantasia. Un testo che ha il merito di proporre livelli differenti di lettura, di regalare suggestive immagini letterarie e poetiche illustrazioni.
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Il progetto d’arte
Il mio intervento si è concretizzato nel tentativo di amplificare l’esperienza del libro attraverso altri sensi. Facendo dialogare la vicenda di Linda con un tempo convenuto e uno spazio fisico. Il contatto è stato reso grazie ad una installazione in un angolo dell’aula, accanto alla porta d’ingresso. Un ponte evocativo realizzato attraverso una griglia fatta con filo da pesca (lenza), origami di uccelli pendenti dal soffitto (alcuni muniti di campanellini per effetto sonoro), nuvole di lana cardata sospese e scatola di cartone attaccata al muro a simboleggiare il cielo. I fili erano molto lunghi, in modo da far arrivare gli uccellini ad altezza bambino, per creare un effetto avvolgente. A terra, per delimitare l’area in cui far sostare i bambini per la lettura, ho recuperato materiale realizzato in altri laboratori da altri bambini e ho voluto citare l’artista guatemalteco Edgard Rolando (vedi foto sotto dal catalogo). Nella sua opera Calel Apen ha immaginato un insieme di scatole di cartone dipinte all’interno, con un cielo azzurro e qualche nuvola bianca, per rappresentare la memoria di una propria esperienza resa visibile agli altri. Ci è voluta quasi una intera mattinata per preparare l’installazione e organizzare l’aula in aree di interesse. Di fronte all’installazione, accanto alle finestre, ho previsto la postazione per il workshop, con due file di banchi senza sedie e con possibilità di movimento e autonomia per la manipolazione del materiale messo a disposizione. Una radio con musica classica ha accolto l’arrivo della classe, entrata nell’aula senza alcuna indicazione specifica da parte nostra, ma semplicemente con un benvenuto.

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Il laboratorio
Nell’aula laboratorio i bambini e le bambine sono entrati in silenzio, non sapendo cosa aspettarsi. Quando hanno visto gli uccelli sospesi si sono guardati con aria interrogativa. All’inizio sono rimasti al di fuori dell’area installazione. Poi un temerario ha varcato il confine e sono entrati tutti. Prima timidamente, poi con entusiasmo si sono mossi tra gli uccelli, li hanno toccati, sfiorato le nuvole, giocato insieme. Finita la musica e la loro esplorazione li abbiamo invitati a sedere ed è partita la narrazione. Ci siamo alternate io e Annamaria nella lettura, a conclusione della quale abbiamo creato un po’ di dibattito e introdotto l’ultima parte del laboratorio: l’attività manuale.
Per il workshop ho immaginato di farli lavorare sulla creazione di un proprio taccuino. Uno degli elementi cardine del testo scelto: Linda alla fine utilizzerà proprio un taccuino per creare altri Fantavolieri. Strumento fascinoso senza tempo: versatile, pratico, sorprendente. Utilizzato da scienziati e da artisti, da grandi e da piccoli, da poeti e da curiosi. Abbiamo lavorato con materiale di uso comune per trasformare, col solo aiuto delle nostre mani e di colla stick, fogli bianchi in un taccuino. Le copertine sono state ricavate da pagine di libri di geografia del Touring Club degli anni ’70, che tempo fa ho salvato dal macero e che quando posso inserisco all’interno dei miei laboratori come elementi vivificanti. Ciascuno ha potuto portare a casa il proprio taccuino con l’invito a usarlo.
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Simbolicamente è un modo per viaggiare stando lì, per raccogliere, per fermare, per guardare. È un punto di arrivo quando cristallizzi una parola, uno schizzo, una considerazione. È un punto di ritorno a passate esperienza e di memoria. È un punto di inizio per nuove elaborazioni. Mi è sembrato coerente con lo spirito di non concluso del libro attraverso un respiro ciclico.
È stata un’esperienza emozionante per tutti. Per noi che lo abbiamo progettato e condotto, per Roberta, l’insegnante che ci ha accolto e per i bambini e le bambine che hanno partecipato! Insieme ci siamo stupiti, divertiti, scoperti abbiamo sorriso, ascoltato, giocato.
È stato un progetto faticoso ma appagante, impegnativo ma prezioso. Mi dà l’agio di confermare che mettere in relazione i settori della cultura, prospettare un argomento da più punti di vista differenti, creare connessioni cognitive ed emotive aumenta il valore dell’esperienza stessa. Ed è un approccio didattico che va incentivato.

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