La valorizzazione del Patrimonio Culturale: impresa possibile alla luce della complessità – di Ciro Piccioli

Il Professor Ciro Piccioli da anni ricopre ruoli di grande responsabilità tecnica e amministrativa nell’ambito della Conservazione e della Valorizzazione dei Beni Culturali, l’impegno profuso nel suo lavoro è paragonabile solo alla passione che lo guida. Io l’ho incontrato tra i banchi universitari quando insegnava Chimica del restauro. Di lui mi colpirono il metodo didattico innovativo e la sorprendente fiducia verso le giovani – e un po’ confuse- menti dei suoi studenti! Al prof sono, ancora oggi, debitrice di una visione “positivista” del fare cultura costruita con professionalità, ironia ed entusiasmo.

Il Patrimonio Culturale è la produzione materiale ed immateriale rappresentativa della storia di un paese che giunge fino a noi, dal passato, mediante un attiva conservazione della memoria e della fisicità del patrimonio stesso. Non tutto ciò che ci giunge dal passato diventa Patrimonio Culturale ma solo quella parte a cui sono riconosciuti valori a seguito di un percorso critico di conoscenza., che la rendano degna di trasmissione alla coscienza collettiva. Questo principio vale sempre e determina la difficoltà di approccio ai problemi del Patrimonio Culturale che sono distinti dalle questioni culturali in senso stretto. Una cattedrale medievale ha un suo spazio tempo caratterizzato da uno stile e da una funzione ma quasi sempre fu realizzata con materiale di spoglio di opere di precedenti culture, quale quella romana, e questo implica per noi contemporanei capire le motivazioni dello spoglio, che non sono mai ovvie, e tutte le modificazioni che la cattedrale ha subito nel tempo. L’esempio fatto vale per tutte le categorie di Beni che sono numerose ed in crescita anche perché viviamo in un epoca in cui l’arte e la creatività hanno assunto una dimensione democratica e diffusa che ci obbligano ad avere un atteggiamento di tutela anche per le questioni del nostro vivere quotidiano. C’è un atteggiamento verso l’estetica che ne ha espanso il campo di applicazione stesso per cui oggi il viaggio nello spazio e l’innovazione tecnologica sono vissute come fatti di grande bellezza e creatività dell’umanità.
Il concetto di Patrimonio Culturale è stato adottato da tutti i paesi del mondo ed è diventato l’unico elemento unificante per il reciproco riconoscimento e rispetto tra stati e popolazioni. Questo aspetto è stato fatto proprio dalle istituzioni sovranazionali come l’ONU che lo gestisce con mano ferma mediante un suo ente, l’UNESCO, la cui politica vuole ridurre i contrasti tra i popoli facendo leva sui rispettivi Patrimoni Culturali come elemento di più immediata legittimazione delle apparenti diversità culturali. Ne può derivare una maggiore tolleranza verso i diversi usi e costumi che costituiscono il primo elemento di incomunicabilità.
Il Patrimonio Culturale è certamente un sistema complesso che non risponde mai allo stesso modo ad uno stesso input ed il percorso di conoscenza dell’opera d’arte ai fini della conservazione e valorizzazione si presenta immediatamente in negativo, come ostacolo. Non si conosce la sua storia , il contesto ambientale l’aspetto tecnico e materico, gli obiettivi del restauro pur in presenza di una paradigmatica collocazione cronotopica e culturale. Questo muro di complessità ci costringe a rivolgere in positivo il nostro rapporto con l’opera secondo con una inversione da oggetto a soggetto, un pensiero multidimensionale che ci fa comprendere come le varie scienze specializzate siano tanti aspetti di una medesima realtà, che nella diversità dei linguaggi vanno interrelazionati e comunicati. In tal modo il muro epistemologico diviene progetto e la positività della conoscenza dell’opera d’arte ci costringe ad uscire dalla struttura prestabilita (teorica o ideologica che sia) adottando un metodo della complessità che “ci richiede di pensare senza mai chiudere i concetti, di spezzare le sfere chiuse, di ristabilire le articolazioni fra ciò che è disgiunto, di sforzarci di comprendere la multidimensionalità, di pensare con la singolarità, con la località, con la temporalità, di non dimenticare mai le totalità integratrici” cit. Il punto di vista complesso, ovvero il cambio del punto di vista nella costruzione del modello riattualizzato dell’opera d’arte significa abbandonare il punto di vista infinito (della complicazione) ed adottare il punto di vista finito (della complessi¬tà). Ciò consente di formalizzare un modo di descrizione in grado di dare un senso ai risultati della ricerca scientifica e la costringe a modificarsi per essere utile a fornire dati per una rinnovata descrizione dell’opera d’arte.
Gestire un sistema complesso per orientarlo verso un obiettivo richiede un’organizzazione aperta che sostanzialmente non deve e non può prevedere un preciso risultato finale. La valorizzazione di un Bene culturale richiede la produzione di una enormità di dati che vanno analizzati criticamente e finalizzati alla stesura di una sua diagnosi, documento tecnico necessario per ragionare e prendere le decisioni di conservazione e valorizzazione. Tutti i dati devono essere immessi in un circuito logico, che sia la mente umana geniale o la mente umana supportata da un sistema informatico progettato ad hoc, che conduca alla stesura di una narrazione che espliciti il nuovo stato di conoscenza del Monumento. La diagnosi dà senso e peso a tutti i dati prodotti nel percorso di conoscenza, li contestualizza alla narrazione finale e ne riconosce il giusto valore. Viene fuori un documento di grande qualità epistemologica che accompagnerà per sempre il monumento nel suo viaggio nel tempo e da cui si potranno trarre tutti gli input necessari per la sua conservazione e per la sua valorizzazione. I fatti ed i dati di ricerca nuovi dovranno essere sempre riletti contestualizzati alla diagnosi che dovrà essere aggiornata nella sua scrittura. La diagnosi sarà il manuale di qualità del monumento che salva la sua immanenza spazio temporale da burocratiche interpretazioni della sua realtà.
La valorizzazione del Patrimonio Culturale richiede scelte difficili per cui è fondamentale la qualità della sua Governance ovvero l’insieme delle decisioni e degli obiettivi che un gruppo di tecnici e\o scienziati prende per raggiungere obiettivi posti dalla legge e dalla politica. Attualmente la Governance è rigida e si pone obiettivi predeterminati quali la tutela, l’emergenza ed il restauro, una linea difensiva mitigata dalla produzioni di eventi che rivestono sempre il carattere di eccezionalità e che comporta costi di gestione e costi sociali enormi non sopportabili dall’Erario. Nei prossimi decenni la situazione peggiorerà per di più lo stato del Patrimonio Culturale non è omogeneo su tutto il territorio nazionale ma varia da Regione e Regione. Siamo quindi in piena complessità e sarebbe un errore fatale confondere la complessità con la complicazione. Molti casi nazionali possono essere portati a supporto in questa lettura dello Stato dell’Arte del nostro Patrimonio ma non servirebbe menzionarli . qua desideriamo sensibilizzare i nostri interlocutori sulla mutazione della filosofia di approccio.
Certamente l’attuale Governance del Patrimonio Culturale soffre di un orgoglio ipertrofico del valore del nostro patrimonio culturale che copre una ampia gamma di insufficienze di obiettivi e tutela fino al punto di trascurare un elemento di complessità quale la concorrenza mondiale sempre più aggressiva sul mercato mondiale del Patrimonio Culturale e della Cultura. L’autoreferenzialità impedisce di vedere che i flussi di visitatori e clienti del Louvre, del British Museum, del Paul Getty Museum, dell’Egitto e della Cina sottraggono clienti alla fruizione del Nostro Patrimonio Culturale. E’ indispensabile la governance abbia come obiettivo della sua esistenza non una blanda politica di “bon ton” e di comportamenti ma piuttosto una aggressiva promozione del nostro patrimonio sul mercato globale per recuperare risorse economiche di mercato e non erariuali per una sua valorizzazione è tutte le medaglie UNESCO che ci affanniamo inutilmente a collezionare devono chiarire alla Governance quali sono i suoi reali obiettivi.
La tempistica dei progetti di valorizzazione è essa stessa struttura della valorizzazione per cui i grandi progetti devono avere la scansione prevista dalla legge che sostanzialmente pone delle domande: cosa vuoi fare, per quale scopo, fai un progetto di fattibilità , verifica in un progetto preliminare se la tua idea è confortata da dati e da una risposta del Territorio dove vai ad agire, dopo il progetto preliminare fai una diagnosi intermedia dove verifichi se sono emersi dati nuovi rispetto alla tua idea primigenia che richieda una revisone del progetto iniziale, alla fine fai un progetto definitivo per completare la diagnosi del Monumento e i modi della sua valorizzazione, confrontati con la società sui contenuti messi a punto acquisichie il parere degli stakeholders ed alla fine fai il progetto esecutivo per la valorizzazione del monumento. Nell’affidamento dei lavori assicurati che la scelta dell’impresa sia la migliore sul mercato e nel caso di forti dubbi affida direttamente i lavori ad un soggetto capace di realizzare il progetto esecutivo così duramente elaborato. Se tutto questo non consente di raggiungere gli obiettivi attesi date le dimissioni.
La qualità è indispensabile perché il percorso si rivolge ad un cliente che deve essere soddisfatto pienamente nelle sue esigenze ed aspettative di fruizione del nostro Patrimonio culturale. La qualità nel mondo contemporaneo determina improvvisi spostamenti economici che sono alla base dell’instabilità socio economica del mondo , ma fortunatamente esiste un vademecum per operare in qualità che è la ISO 9001 \2008.
Un progetto di valorizzazione gestisce tutto in maniera reversibile è questo è possibile se si applica la Normativa vigente che tiene separata con grande precisione gli aspetti della valorizzazione secondo un percorso scientifico e la valorizzazione come rivisitazione della memoria antica a fini divulgativo,emozionale e ludico secondo la logica dei parchi tematici. Possiamo affermare che la valorizzazione scientifica è una evoluzione della logica della tutela e della salvaguardia che ha come obiettivo di ampliare la platea di visitatori in grado di leggere e godere del “monumento” ed è compito dello stato, mentre lascia all’iniziativa privata la seconda accezione della valorizzazione.
Il concetto di valorizzazione di un Bene Culturale non è “secondo natura” ma nasce dal portato legislativo in materia di beni culturali. In Italia dopo un dibattito politico che ha attraversato quasi due secoli della nostra storia, si è approdati al decreto legislativo 42\\2004 Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 2004 – Supplemento Ordinario n. 28 che ha innovato il rapporto tra società e patrimonio culturale, privilegiando l’aspetto della valorizzazione sulla tutela rigidamente burocratica, novità che non è stata del tutto metabolizzata dal sistema di gestione (Governance) di questa risorsa. Il percorso conoscenza, conservazione, salvaguardia e valorizzazione non è più l’estetica della ricerca nel settore, ma imperativo di legge che vuole rientrare dei notevoli costi di tutela e nel contempo proporlo alla fruizione internazionale per creare flussi economici in entrata nell’interesse superiore del paese.
L’obiettivo, il significato, il processo, i modi e le forme della valorizzazione sono delineati senza equivoci dalla normativa ed impegnano i molti attori in un’interazione complessa il cui esito dovrà essere la messa in valore del patrimonio culturale. L’uso del termine “messa in valore” è un approccio morbido alla questione che può mettere d’accordo puristi della tutela ed un’idea di mercificazione che menti maliziose vogliono vedere dietro il concetto di valorizzazione. Si parte dal percorso di conoscenza del Bene Culturale lasciato libero alle dinamiche dello sviluppo culturale e scientifico, ma si apre anche a nuovi scenari di creazione di beni culturali, basti pensare all’arte contemporanea, ai parchi naturali, ai valori del paesaggio, ai musei scientifici ed altre nuove categorie di beni che sono delineate sotto la categoria generale di produzione culturale. La valorizzazione è un caposaldo della competizione globale tra stati che ormai si gioca sulle specificità culturali e sul valore del Patrimonio Culturale reso ancora più necessario dalla crisi economica del nostro paese e dalla concorrenza internazionale. La nostra pedissequa litania del paese che ha il 50% del patrimonio culturale dell’umanità se non trova applicazione nel Benessere dei territori diventa solo una beffarda parola d’ordine. Oggi l’orizzonte entro cui si esercita la tutela è la conservazione mediante la diagnosi, aspetto questo fino ad oggi poco espresso ma che la nuova normativa rende imperativa prima di conservare, e quindi salvaguardare, un patrimonio il cui valore economico è notevole ed a cui si chiede di giocare un ruolo attivo e produttivo per lo sviluppo del nostro Paese. La diagnosi quindi sarà la rappresentazione del Bene Culturale alla luce di tutte le indagini eseguite su di esso chiaramente multidisciplinari ma che necessariamente devono concorrere alla creazione di un linguaggio nuovo che scaturisca dalla sintesi interdisciplinare e che esso stesso costituisca un nuovo valore economico.
Ciro Piccioli
Consigliere Nazionale MIBAC dal 1988 al 1997