Catalogo Narrato #3

Arriva alla sua conclusione la pubblicazione del Catalogo Narrato delle insegnanti della Scuola dell’infanzia Arcobaleno creato in seguito alla mostra ‘Maestra, facciamo un’Arte?’. Qui per conoscere tutto il progetto e leggere gli altri interventi pubblicati. Il contributo delle insegnanti Maria Teresa Aversa e Annamaria Coccetti ci raccontano due aspetti fondamentali come la documentazione di un percorso e i diritti che ciascun bambino e bambina ha in merito all’arte e alla Cultura. Per tenere sempre a mente che con i più piccoli il lavoro è costantemente a tuttotondo e che dipende sempre dall’ambiente in cui li immergiamo, dalla opportunità che gli regaliamo e dalla fiducia che decidiamo di accorare loro.
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La pratica della documentazione va intesa come processo che produce tracce, memoria e riflessioni, negli adulti e nei bambini, rendendo visibile le modalità e il percorso di formazione e permettendo di apprezzare i progressi dell’apprendimento individuali e di gruppo.
(INDICAZIONI NAZIONALI 2012)
Realizzare un progetto nella scuola dell’infanzia è un percorso complesso che si snoda attraverso più fasi: la stesura con gli obiettivi che ci si propone di raggiungere, la motivazione, l’elaborazione e le conclusioni che prevedono la valutazione e la documentazione. La fase dell’elaborazione e quella della documentazione sono strettamente legate. Documentare vuol dire riuscire a cogliere i momenti salienti dell’elaborazione per poi comunicarli all’esterno attraverso foto, disegni e video; ma sono possibili anche altre forme di documentazione, come nel caso del progetto “Maestra, facciamo un’arte?” attraverso una mostra in cui sono stati esposti una parte degli elaborati.
La documentazione non deve essere intesa come un resoconto del lavoro svolto, ma come un percorso che viene previsto fin dall’inizio: bisogna aver chiaro cosa mettere in risalto, decidere se di quella specifica attività è necessario immortalare un singolo istante o la sequenza di più azioni che portano alla realizzazione di un elaborato.
A fine anno scolastico tutti i lavori dei bambini vengono rilegati e consegnati alle famiglie. Completa la documentazione un CD di fotografie in cui viene “raccontato” attraverso le immagini il percorso che i bambini hanno fatto e che ha portato alla realizzazione dei progetti previsti.
Il materiale consegnato ha anche un valore da un punto di vista affettivo-emozionale in quanto riesce a far partecipi le famiglie di una parte della vita dei loro bambini cosa che altrimenti non sarebbe possibile.
Nello sviluppo del progetto “Maestra, facciamo un’arte?” abbiamo seguito tutto l’iter “tradizionale”, ma la nostra scelta di rendere visibile questo percorso “artistico” con una mostra aperta alla cittadinanza richiedeva un tipo di documentazione pubblica del lavoro fatto e di quello che sarebbe seguito. In questo nostro intento ci è venuto in aiuto il web. Nell’era dei social abbiamo creato un evento Facebook su cui, attraverso notizie flash, corredate da foto, abbiamo raccontato non solo il dietro le quinte dell’allestimento della mostra, ma anche le motivazioni della nostra scelta, come è stato deciso il titolo del progetto, le emozioni dei bambini nell’attesa di vedere la “loro” mostra, le loro riflessioni, le loro aspettative e finalmente l’inaugurazione. Sono stati raccontati i due giorni di apertura al pubblico, la chiusura e le considerazioni finali di quest’esperienza.
Tutto questo è avvenuto in tempo reale permettendo sia ai genitori sia agli utenti di Facebook di seguire l’evento, commentare i nostri post, o di mettere un semplice “like”.
A completamento della documentazione ha avuto una notevole importanza anche l’aspetto multimediale. All’interno della mostra è stato predisposto un pannello su cui, attraverso un video-proiettore, scorrevano le immagini dei bambini durante la realizzazione dei lavori. È stato molto interessante ascoltare i bambini che, davanti a quel “maxi-schermo”, parlavano tra loro del percorso fatto: -“Guarda, ti ricordi questo?”- -“Si facevano tutti gli schizzi!”-
o mentre descrivevano ai propri genitori quello che accadeva nelle singole foto, in una specie di “documentazione narrata” dai diretti protagonisti.
Maria Teresa Aversa

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Esistono viaggi inaspettati, intensi ed emozionanti, che ti fanno sorridere, ti segnano, aprono percorsi.
Questo viaggio inizia da un libro: la “Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura” (2011).
“I bambini hanno diritto:
Art.2 – a sperimentare i linguaggi artistici in quanto anch’essi “saperi fondamentali”;
Art.9 – a condividere con la famiglia il piacere di un’esperienza artistica;
Art.12 – a vivere esperienze artistiche e culturali accompagnati dai propri insegnanti, quali mediatori necessari per sostenere e valorizzare le proprie percezioni;
Art.18 – a poter partecipare alle proposte artistiche e culturali della città indipendentemente dalle condizioni sociali ed economiche di appartenenza, perché tutti i bambini hanno diritto all’arte e alla cultura”.
Ho letto la “Carta dei diritti dei bambini all’arte e alla cultura” con curiosità e passione, e gli articoli sopracitati sono diventati i principi ispiratori per lo sviluppo del progetto “Maestra, facciamo un’arte?”.
Ho sempre pensato che il primo compito di un insegnante sia quello di aiutare i bambini a diventare persone capaci di pensare, di elaborare la realtà attraverso una prospettiva più ampia, senza stereotipi e condizionamenti sociali e culturali. In questo senso l’arte è uno strumento privilegiato per educare i bambini al gusto del bello e del buono; offre conoscenze, stimola nuove visioni, sensibilità e competenze; forma un adulto più curioso, più propenso a farsi domande e cercare risposte.
Nella prima fase del progetto abbiamo lavorato mediante laboratori strutturati come luoghi di creatività e di sperimentazione, di scoperta e di autoapprendimento: attraverso l’utilizzo di varie tecniche pittoriche e manipolative i bambini hanno avuto la possibilità di mettersi in ascolto con sé stessi, di esprimersi liberamente in opere personali che costituiscono anche un valido strumento attraverso i quali l’insegnante può capire più profondamente certi stati d’animo, può cogliere i feedback che i bambini inviano attraverso linguaggi non verbali. Le attività artistiche portate avanti nel corso dell’anno hanno aiutato i bambini a sviluppare le loro capacità comunicative, a condividere i loro stati d’animo ed emozioni, a costruire relazioni efficaci con i compagni. In questo scenario la figura dell’insegnante diventa fondamentale. Egli, commentando in modo costruttivo, dà spazio alla creatività innata degli alunni, propone loro nuovi stimoli per farla fluire, li incoraggia affinché scelgano e definiscano un loro personale stile artistico. L’insegnante, tenendo sempre presente il ruolo attivo del bambino, diventa un mediatore coraggioso che abbandona le vie battute, sperimenta e stravolge improvvisamente i suoi piani per cambiare direzione.
Per il raggiungimento dello sviluppo e della crescita degli alunni è necessario che la scuola, da luogo chiuso e autoreferenziale, si trasformi sempre più in luogo dinamico, pedagogico e aperto sia alle famiglie sia al territorio in cui opera; devono cadere le barriere che separano gli spazi dell’apprendimento in modo tale che l’ambiente diventi un luogo di educazione, una comunità educante in cui la cultura è integrata con la vita reale.
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In questa prospettiva la seconda fase del progetto si è svolta con l’esposizione pubblica dei lavori dei bambini che è stata fondamentale per la costruzione della loro autostima, per accrescere la loro sicurezza, per aiutare la comunità a capire le potenzialità dell’arte e dell’espressività dei più piccoli. L’insegnante costituisce il ponte di collegamento tra la scuola e la famiglia, e la mostra del progetto ha contribuito a costruire rapporti di fiducia e continuità con i genitori e a creare un terreno favorevole nel quale il contesto scolastico, quello familiare e il territorio hanno trovato un lessico condiviso. Per questo motivo la mostra “Maestra facciamo un’arte?” si è svolta nella Sala delle Esposizioni Temporanee del Comune di Poggibonsi e l’Amministrazione Comunale ha collaborato a questo progetto didattico, potenziando così l’interazione tra i soggetti che gestiscono la formazione attraverso un dialogo vivo e aperto.
Come in apertura, termino il racconto di questo viaggio con le parole di un libro, in un senso di circolarità che ha caratterizzato in modo forte l’intero progetto, sia nella parte contenutistica che in quella formale, sia nell’installazione della mostra che nei legami tra scuola, famiglie e territorio. Pensando a tutti i bambini che hanno vissuto questa esperienza trovo nei miei pensieri un punto di unione con le parole del pittore Mark Rothko (che per 20 anni è stato professore d’arte al Brooklyn Jewish Center) perché credo fortemente che l’arte abbia l’enorme potere di unire attraverso fili INVISIBILI ma POTENTI.
“La maggior parte di questi bambini perderà probabilmente la propria immaginazione e vivacità con la maturità. Ma alcuni non lo faranno. E si spera, che nei loro casi l’esperienza di otto anni [nella mia classe] non sarà dimenticata e continueranno a trovare la stessa bellezza su di loro. Per quanto riguarda gli altri si spera che la loro esperienza li aiuti a far rivivere i loro primi piaceri artistici nel lavoro degli altri”. Mark Rothko, tratto da New Training for Future Artists and Art Lovers, 1934.
Annamaria Coccetti
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