Come dentro ad un disegno: esperienze col corpo

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Cinzia Cacace si occupa di mediazione culturale, ecologia e danza. Lavora con bambini ed adulti e la personale visione del sociale la porta a vivere esperienze globali, che assorbe come persona e restituisce anche in ambito professionale. Ho conosciuto Cinzia nel giugno scorso. Abbiamo lavorato insieme una sola volta (per ora..) ma tanto è bastato a scatenare intese alchemiche. E’ stata un’esperienza appagante sia per noi, che per i bambini che hanno avuto modo di sperimentare ed esprimersi creativamente giocando con corpo, mani e mente. Di lei mi hanno colpito la capacità di creare suggestioni sonore, tra la musica e il silenzio; e  il suo profondo legame con la terra, fino a volerla sentire a piedi nudi. 

Ho conosciuto Leontina un giorno per caso in un ufficio, parlavamo di un progetto di lavoro che avremmo fatto insieme per un mese con un gruppo di bimbi (dai 3 ai 6 anni), in una scuola a Pianella. Il nostro modo di lavorare, si è delineato strada facendo, e l’inevitabile incontro prima come donne e poi come educatrici, ci ha permesso di avere delle idee interessanti per lavorare sul tema, per la quale dovevamo dare forma, concretezza e tracciarne un filo rosso tra noi e i bambini del gruppo.                                                                                                                                   Il vantaggio di avere avuto bimbi per diverse settimane consecutive è stato evidente; secondo me ha privilegiato il lavoro nella sua continuità, osservando il processo creativo individuale e collettivo, che è stato costruito, agito e vissuto “totalmente”. Le relazioni crescevano durante le giornate, insieme alla serenità che c’era durante la sperimentazione dei laboratori di didattica dell’arte e del movimento creativo come sostanza per la narrazione del tema. Il titolo del tema su cui abbiamo lavorato era “Un Mostro per amico” visto dai bambini, considerando anche le emozioni che appartengono spesso a certe esperienze infantili, come la paura del buio, delle ombre, o di certe figure esagerate viste sui libri.. o la paura stessa di chi non conosci o che si comporta in maniera diversa da te…                                                                     La paura è una condizione non semplice da trattare e anche l’idea del mostro, non poteva essere solo ricondotta alla trasfigurazione della forma reale dal punto di vista estetico. Anzi attraverso il gioco della fantasia, che i bambini hanno a disposizione, l’idea del mostro” fuori di “noi” e del sentimento che ne usciva, erano situazioni favorevoli per proporre giochi, laboratori didattici di arte, movimento creativo.. per muoversi e per far uscire quell’attitudine confidenziale che si ha con il “diverso” e la “diversità”. L’idea che l’esperienza agìta “totalmente” anche con il corpo possa abbattere barriere interne fatte di idee indurite e fisse, non sono solo proposte riconducibili a immagini infantili come la paura del il buio per i bimbi, ma è una condizione aperta anche alla genitorialita’… come far loro esperire contesti diversi e abbandonarsi alla creatività, magari disegnando insieme al proprio bambino e vivere un tempo senza la paura del “tempo” che non c’è…                                                                                              La cura e la valorizzazione del proprio essere erano attesi e stimolati e questo far uscire gesti creativi dai bimbi come opere d’arte da vedere e attaccare, arricchiva quello spazio che da quel momento in poi si poteva vivere interamente, come “immergersi”, nello spazio fisico di una stanza buia strisciando.. e poi camminare stando attenti agli ostacoli che le sedie e i piccoli tavoli creavano, per seguire tutti insieme una fioca lucina per arrivare al fiume d’acqua che racchiusa in una bacinella si trasformava in piccoli fili acquosi che suonavano.. mentre ricadevano in basso fra le mie dita…e poi con i riflessi di luce generati dalla mia lampadina nello specchio, la magia della meraviglia passava sui volti, colorando e abbagliando gli occhi dei bambini che entusiasti intanto erano seduti o sdraiati nel buio della stanza catturati dalla storia che cominciavo a leggere … questo è un esempio come l’articolazione delle attività volte alla globalità dei linguaggi, alla mescolanza delle espressioni, come i laboratori di arte ai tavoli, ai giochi di movimento creativo e rilassamento collettivo attraverso l’uso della musica e del respiro, siano complementari alla creazione di uno spazio “fantastico” dove i bambini sono esseri liberi nel vivere le loro paure e meraviglie.                                                                                    Qualcuno, ricordo, non era molto contento di stare al buio per tanto tempo, anche durante la narrazione della favola quando attraverso un piccolo fascio luminoso, della lampadina illuminavo le pagine del libro che leggevo, sentivo intorno a me alcuni che si lasciavano andare alla possibilità di “vivere” il buio tutti insieme e altri che non riuscivano a stare fermi perché scossi dalla stranezza della situazione..Era uno spazio “irreale” la stanza che sempre era stata illuminata dal sole estivo e l’ampiezza che permetteva di giocare, correre e disegnare sui tavoli come facevamo tutti i giorni, in quel momento si era trasformata in qualcosa di diverso, molto più fiabesco… la luce era diventata il buio, la grandezza si era trasformata in piccolezza, solo il vivere tutti insieme questo passaggio, avrebbe aumentato la ricerca della fiducia negli altri., perché nel buio ci si sente soli, ma lì non eravamo soli, anzi eravamo tutti insieme… potevamo toccare le mani dei bimbi e fra loro stringersi.                                                                                    Ho creduto in questo lavoro, cercando un’idea semplice, se dovevamo parlare del buio, la cosa che potevo fare era cercare il buio… e con questo semplice gesto tutto è cambiato, anche i bimbi hanno accolto il gioco con enorme curiosità… l’idea che cercavo era “come essere dentro ad un disegno”esserci con tutto …con il corpo con le emozioni…con la gioia o con la delusione di piangere perché magari si aspettavano qualcosa di diverso.Lavorare a contatto con i bambini attraverso la corporeità è semplice ma allo stesso tempo difficile.. semplice perché i bimbi vivono le loro esperienze coinvolgendo già tutte le loro “parti”, passano dal pianto alla gioia, come dal cadere al correre senza mai scontrarsi, o dalla concentrazione nel creare il proprio disegno… difficile perché anche se non c’è ancora una vera coscienza esternalizzata, permettersi di lavorare anche sulla qualità del movimento, di trasformarsi in animali mostruosi.. di lasciarsi prendere dalla fantasia e lasciarsi guidare senza la paura…                                                                                                                                                                 E’ stata una bella esperienza anche per me.. che potevo giocare con loro attraverso il mio gesto corporeo… “scrivere” la storia, come una fiaba, dell’immaginario infantile, una cornice di fantasia che se stimolata non può che esplodere in atti creativi di cui i bambini sono i maestri.                                                                                                                                                                                                                                                                                     Cinzia Cacace