Infanzia e cultura; cultura dell’infanzia.

Ho letto più articoli che mettono in relazione tra loro le parole bambini e cultura in questi ultimi mesi che in tutta la mia vita! Bene, mi sono detta! L’attivazione di una consultazione pubblica per registrare opinioni, sia degli addetti ai lavori che di comuni cittadini, al fine di redigere un Manifesto dei musei per i bambini, e l’ annuncio che (finalmente!) sia garantito ai bambini extracomunitari l’accesso gratuito ai musei negli stessi casi previsti per i loro coetanei italiani ed europei, sono notizie di grande rilievo. Come l’elogio del Presidente della Repubblica, in occasione del salone del libro di Torino, a quell’editoria che pone attenzione al mondo infantile, oltre che verso la letteratura per ragazzi. Tutto ciò mostra una tendenza diffusa e condivisa a spostare sempre più interesse e risorse verso ragazzi e bambini via via sempre più piccoli. In termini globali c’è solo da guadagnare da questo “Rinascimento” dell’infanzia, in termini specifici bisogna operare dei distinguo per ogni ambito culturale.
Nella comunicazione l’importanza del dato da trasferire risulta evidente, soprattutto se si osservano taluni campi di applicazione: così non possiamo pensare di trasmettere le stesse informazioni su un’opera d’arte ad un adulto come ad un bambino, non possiamo farlo con il medesimo linguaggio, né con identiche modalità. In questo senso il binomio museo/bambini è più complesso di quanto possa apparire.
Infatti in tanti casi, quando si parla di arte ai bambini, continua a persistere un atteggiamento di scorrettezza formale, che porta ad assistere a selvagge banalizzazioni di concetti e a imbarazzanti semplificazioni del linguaggio (quasi come se si dovesse insegnare una parola ad un colorato cocorito!). Spesso si ignora che il mondo dei bambini merita tutta la nostra dedizione: ha fascino, regole e vita proprie che vanno ascoltati ed assecondati. E’ possibile operare dei cambiamenti sostanziali solo mutando l’approccio operativo.
Occorre pensare ai musei come a palestre del sapere dove gli utenti si divertono, si confrontano, imparano e…ritornano.
In quest’ottica la nozione è importante al pari dell’ accoglienza che dobbiamo offrire ai bambini, di uno stuzzicante clima di curiosità che riusciamo a creare e di un piacevole invito al gioco che possiamo proporre. Adattare, poi, principi generali ai particolari reperti di cui si dispone sarà sinonimo di competenza tecnica e di capacità di concretizzazione. Il panorama eterogeneo del nostro patrimonio ci spinge a riflettere sulle molteplici possibilità espressive che ciascuna tipologia porta con sé: una pinacoteca svilupperà laboratori o attività diverse rispetto ad un museo antropologico, contadino o tecnologico perché differente è l’oggetto di partenza e tali anche le informazioni da veicolare. Il progetto deve essere pertinente e coerente con le linee che si ha intenzione di diffondere.
La riuscita o meno di progetti museali è strettamente legata alla fattibilità dell’intento e alla specificità degli obiettivi da raggiungere: qualunque cosa sotto o sopra stimata (dal target di riferimento, allo spazio necessario per l’attività, al messaggio che si vuole trasferire, alla durata dell’evento,…) sarà motivo di fallimento.
Come pure determinante risulterà il modello comunicativo impiegato. Devo attingere da tutto il mio bagaglio culturale e da ciò che mi circonda, evitando di stereotipare o demonizzare alcuni settori di interesse (esiste una buona televisione e un cattivo teatro, tanto per intenderci) ed essere in grado di prevedere la forma espressiva ottimale per il raggiungimento del mio scopo didattico: attività manuali, musicali, teatrali, performance e quant’altro. Meglio evitare la didattica per caso!
Quello che andiamo a chiedere ai bambini deve rispettare la loro naturale inclinazione all’esplorazione. Un laboratorio va preparato nei minimi particolari ma non va strutturata la parte creativa, il nostro compito è quello di fornire strumenti cognitivi e pratici per capire ed affrontare una nuova esperienza e permettere di lasciare libero sfogo alla loro fantasia. Invitare ciascuno ad esprimersi, ognuno come meglio crede…potremmo rimanere sorpresi. E perché questo si avveri dobbiamo mettere a proprio agio un bambino che è chiamato ad interagire, per un tempo spesso relativamente breve, in uno spazio sconosciuto e a svolgere attività nuove e contestualizzate. Dunque l’area fisica che assegniamo alla nostra attività è fondamentale: dobbiamo tenere le altezze di piani di appoggio e tavoli a misura di bambino, dobbiamo curare la temperatura e la luce dell’ambiente.
I bambini apprendono di più e meglio, se giocano e si divertono così, oltre che trasferirgli nozioni, diamo loro anche delle chiavi di lettura e la consapevolezza che sono in grado di scoprire e capire quello che li circonda. Diamo loro la possibilità di sviluppare competenze relazionali, logiche, creative, manuali. Perché imparino ad ascoltarsi, a dialogare con le proprie radici per proiettarsi nel futuro del mondo.