Arte come se fossimo al parco

Tante volte mi sono chiesta che cosa voglio trasmettere ai bambini e alle bambine che partecipano ai miei incontri sull’Arte. Ogni laboratorio, ogni visita interattiva, ogni attività ludica o manuale ha obiettivi, temi, target, caratteristiche e finalità differenti, certo! Ma qual è il mio interesse primario? Il mio fine ultimo? Non è quello di far portare a casa un ‘lavoretto’ lindo e finito, né quello di far imparare una grande quantità di date o di far passare informazioni storico-artistiche. No. Non solo.
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Quello della didattica è un lavoro di mediazione e ancora di più, per quanto mi riguarda, di relazione. Io mi preoccupo di avviare una consapevolezza. Non in maniera assoluta, ma relativa all’esperienza vissuta. L’esserci nel momento dell’azione: fare non perché è un compito, ma perché è un tempo di scoperta personale. Ascoltare chi ci conduce in una sperimentazione, ma anche sentire se stessi in relazione ad essa.
Osservare per conoscere quello che ci circonda, ma anche familiarizzare e ri-conoscere le nostre sensazioni in merito a ciò che ci circonda. Con la manipolazione di colori, tecniche, materiali, con la scansione del tempo, con l’occupazione fisica e mentale dello spazio. Evocare memorie, conoscere storie, ma proiettarsi nell’oggi e nel futuro per raccogliere possibili chiavi di lettura.
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A un incontro sull’arte come al parco
Nessuna esperienza è a tenuta stagna. Le condizioni al contorno, quelle che stimolano livelli non solo cognitivi, ma anche socio-emotivo-relazionali, sono importanti quanto la tecnica, l’artista, l’opera di cui sto parlando. Così non bisogna uscire da un laboratorio avendo lavorato solo su un prodotto o con l’obiettivo di imparare solo nomi e date!
Un bambino che va al parco vive: sta all’aria aperta e gioca. Ma non fa solo quello. Andare al parco è un’esperienza totale: perché corre, si diverte, raccoglie, scivola, cade, ma socializza anche. Impara i propri limiti, affronta lo scontro, legge le dinamiche di gruppo e valuta le proprie reazioni in base agli eventi. Se portiamo un bambino al parco gli concediamo di “sfogarsi”, gli lasciamo la giusta libertà per provarsi. Se lo portiamo ad un laboratorio volgiamo che FACCIA e che quando esca SAPPIA, e spesso lo guidiamo passo dopo passo fino alla realizzazione di qualcosa (poco di un processo, spesso di un prodotto). Tuttavia non sempre ci preoccupiamo in quale ambiente è chiamato ad agire e  imparare. Se il clima circostante è rilassante e stimolante, qualunque nozione si apprende meglio e si ricorda più a lungo. Il piacere dei bambini, lo scambio, l’interazione devono essere sempre l’afflato nel quale immergiamo qualunque esperienza. Perché funziona meglio!
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Conoscere vivendo l’esperienza
E’ nostro compito offrire opportunità di crescita legate all’Arte e al nostro Patrimonio. Il compito della didattica dell’Arte è attivare connessioni. Connessioni tra contesti, epoche, civiltà, idee. Tra espressioni di approvazione, dissenso, dubbi. Tra affermazioni di posizione, competenze, desideri. I bambini e le bambine come parte attiva e funzionale all’apprendimento, non come sacchi vuoti da riempire con noci di sapienza.
Allora occorre rendere l’esperienza con l’Arte un po’ più Globale. Coscienti che quello che andiamo a seminare, non sono piante di date e nomi, ma un’affezione che crescerà in proporzione al nutrimento che gli daremo. Perché parlare intorno all’arte non sia attività superflua, ma necessaria come stare all’aria aperta! Che ci si senta appagati come quando torniamo dal parco sporchi, stanchi e contrariati! Perché volevamo rimanerci ancora, invece “è tardi!” e ci hanno portato via.

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