Arte e Natura

La fine di giugno mi ha visto impegnata in un workshop sulla progettazione di attività didattiche museali e un altro su Arte e Natura. Nel secondo mi è stato chiesto di fare un percorso per educatori fascia età 0-6, per approcciare la questione di arte e natura. Vi racconto com’è andata: i presupposti da cui sono partita, le proposte fatte, il metodo indicato, le immagini dei lavori, le considerazioni emerse. Qui tutte le foto.

Land Art il ponte attraversato
Occorre dire a gran voce che infinite sono le possibilità di collegare Arte e Natura. Dalla Natura rappresentata: come realtà, come dato scientifico, come riverbero simbolico, come racconto metafisico. Alla Natura come strumento creativo: nei pigmenti, nelle legno, nella pietra. E chi più ne ha più ne metta. Ho scelto di prendere il via dalla Land Art.  Breve analisi del periodo in cui nasce, le istanze che si porta dietro, le opere della fine degli anni ’60 e il presente. Una corrente artistica come pretesto per una considerazione su quello che ci circonda per approdare a una riflessione sulla natura: la scoperta che stupisce, i segni riconoscibili, i colori che ci regala, le opportunità educative. Ricordando che il nostro obiettivo non è nè essere artisti, nè replicanti. Arte come ponte tra la sensibilità di ciascuno di noi, la  natura e le sue possibili narrazioni.


Tre i concetti su cui ho incardinato i temi e le sperimentazioni del mio workshop:
1)  la Consapevolezza del dato sensoriale. Perché per mediare è importante conoscere.
“La terra non è solo lì per essere vista, ma per far riflettere” W. De Maria
2) il cambio di Prospettiva. Perché ogni punto di vista è un viaggio possibile.
“Volevo condurre il vasto spazio del deserto a una dimensione umana” Nancy Holt
3) la Temporaneità di un’opera. Perché ha valore il percorso, non solo il prodotto.
“Impilando, ammucchiando o appendendo il materiale come capita gli si conferisce una forma transitoria…Lo sganciamento da forme e ordini duraturi preconcepiti è una posizione precisa e definita” R. Morris
Un principio sottendeva gli altri: fare esperienza outdoor, uscire dall’aula e stare all’aperto. Nel giardino, lungo il sentiero, ovunque si possa. In un dialogo interno-esterno in termini spaziali ed emozionali. Anche se questo aspetto, causa mal tempo, è stato in parte disatteso, come vi accorgerete dalle foto scattate in sede e non fuori.

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Fermarsi Prima
L’aspetto metodologico che ha caratterizzato l’intero percorso è stato quello di ‘stare’. Concedersi tempo per entrare in relazione, come davanti ad un dipinto. Posare lo sguardo, fermarsi ad osservare gli elementi naturali senza la fretta di manipolarli. Dare loro attenzione prima di utilizzarli per creazioni complesse, prima di combinarli insieme, prima di ogni contaminazione suggestiva e possibile. Trattarli come entità costituenti, esaminarli e sentirli nella loro unicità. Approssimarsi alla caratteristiche irripetibili di ogni singola foglia, del singolo ramo, del singolo sasso, del piccolo granello di sabbia.
Fermarsi prima per attivare una consapevolezza sensoriale, cambiare il punto di vista, riflettere sulla caducità degli oggetti che manipoliamo. Poi sono arrivate anche le elaborazioni: grafiche, narrative, personali.
Abbiamo cominciato a giocare, con serietà ma divertendoci. Così ciascun elemento è stato volano per anlisisi progressive: con le foglie abbiamo indagato la visione, con i rami ci siamo soffermati sopra il gesto, con i petali abbiamo giocato col gusto, con i sassi gareggiato con l’equilibrio, con la sabbia sfidato la pazienza.

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La raccolta
Il passo fondante per le sperimentazioni è stata la raccolta degli elementi naturali. Uscite dall’aula, ci siamo allontanate dalla sede in cui eravamo. Clic del cancello e, percorrendo la strada in direzione di una radura, abbiamo raccolto in sacchetti di carta gli elementi naturali che preferivamo. Tornate in sede abbiamo svuotato il contenuto dei sacchetti su un foglio bianco. Il primo dato visibile era la quantità e la qualità dei elementi raccolti da ciascuna. Il primo gioco è stato creare il nostro ritratto vegetale. Scegliendo cosa e come disporlo abbiamo presentato i nostri materiali agli altri.
E non mi ha stupito vedere la diversità: a parità di elementi ciascuno ha selezionato e composto a modo suo. Offrendo tanta molteplicità di sfumature e approcci quante erano le persone presenti.

Le foglie
Raccolta foglie. Osservazione attraverso attività e giochi cromatici. Quanti gialli, verde bruni possiamo riconoscere? Facciamo un arcobaleno di foglie e poi lavoriamo sulla forma facendo un mandala di foglie lavorando cromia, sulla sequenza, sul ritmo sulla simmetrico. Qui esempi di Mandala vegetali, qui foglie all’uncinetto e qui 5 suggestioni da altrettanti artisti.

Rami
Rami spogli, sottili, leggeri. Con corteccia, nudi o fragili. Scegliamone una piccola quantità e leghiamoli insieme. Quello che viene fuori è direttamente proporzionale alle nostra fantasia e alla fiducia che abbiamo nelle nostre abilità manipolative. E poi scriviamo una storia. Qui e qui esempi di artisti.

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Petali
Foglioline, petali colorati, minuscoli rami. La richiesta di riprodurre un animale ha creato diverse perplessità di ordine compositivo, e ci ha visto costrette ad un’analisi preventiva di fotografie animali. La complessità di questa prova è indubbia. Lasciatevi ispirare dagli insetti d’artista che trovate qui.

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Sassi
Duri, lisci, colorati. Con forme, grandezze e spessori differenti. Possiamo giocare a soppesarli, suddividerli, incolonnarli, raggrupparli. Poi sovrapponiamoli per creare una scultura tridimensionale. O accostiamoli per creare immagini poetiche come si vedono anche qui.
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Sabbia
Umida, fine, bruna. Oppure sintetica, spessa, colorata. È piacevole toccarla? Enucleare le nostre sensazioni. Si può tenere separata la sabbia? Stimolare una elaborazione esplorativa e lavorare sovrapponendo strati. Consapevoli che i risultati che si vedono qui sono frutto di pratica e talento.

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Inquadratura
Come se fosse un circuito avvolto su se stesso alla fine abbiamo girato nel giardino in cerca di dettagli su cui porre la nostra attenzione. Questa volta non raccogliendo dalla natura, ma mettendole i contorni, armati di semplici cornici di cartone. Ritorniamo a ripetere l’operazione iniziale, con uno strumento in più tra le mani e una consapevolezza accresciuta. Allora ricominciare non sarà semplicemente tornare al punto di partenza.

Considerazioni emerse
Quando si lavora in gruppo si crea un’alchimia che porta i temi proposti su strade imprevedibili e personali, e l’arricchimento è sempre reciproco. Condivido con voi le considerazioni emerse con le educatrici.
1) Dedichiamo un tempo insufficiente all’approfondimento delle tematiche nuove. Mancano occasioni per l’esplorazione e un momento di confronto professionale collettivo e di autoanalisi.
2) Spesso ai bambin* proponiamo esperienze ‘accelerate’ ovvero chiedendo loro elaborazioni, senza prima averli lasciati familiarizzare con gli strumenti da utilizzare, o non concedendo il tempo giusto di sperimentazione.
3) La natura la conosciamo poco e poco la esploriamo. Per un’esperienza votata all’autonomia di bambini e bambine, sperimentiamo in prima persona ciò che chiediamo loro. Cosi sapremo renderlo davvero accessibile.
4) Circoscriviamo e definiamo nel dettaglio gli obiettivi che vogliamo raggiungere. Alterniamo strumenti e metodi per capire se, e come, i messaggi corretti in termini teorici, siano o meno carenti nella traduzione pratica.
5) Il lavoro di ricerca è utile innanzitutto a noi per non smettere di stupirci e di coltivare la nostra creatività. Più ci mettiamo in gioco più ci muoviamo con leggerezza.  Guardare ‘piano’ ci connette a nuove sensazioni, con effetti anche vertiginosi rispetto alle certezze costruite e alle abitudini prese.
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