Il Meglio di noi

Dal 13 al 15 maggio nella sala Set del Teatro Politeama di Poggibonsi si è svolta la mostra “Maestra, facciamo un’arte?”. Un progetto per cui ho collaborato con La scuola dell’Infanzia Arcobaleno dell’ Istituto Comprensivo 1 e patrocinata da Comune di Poggibonsi. Normalmente faccio decantare più a lungo le mie esperienze e ne scrivo a distanza di tempo. In questo caso sento la necessità di tirare fuori l’incredibile energia accumulata in questi giorni. Dunque ne parlerò ora, come si dice, a caldo. E si sentirà.  Qui tutte le foto.
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La genesi
“Maestra, facciamo un’arte?” nasce dall’idea di Annamaria Coccetti, già menzionata in questo blog in riferimento alla mia partecipazione al concorso Tocca a te!. Il progetto prende le sue mosse dalla Carta dei Diritti dei Bambini all’arte e alla cultura, sposa in pieno anche le raccomandazioni nazionali della scuola. E nasce per portare i lavori dei bambini all’attenzione dell’intera comunità.
I temi scelti per la mostra sono stati “Io”, “Io e l’altro”, “Io e l’ambiente”. Ciascun tema si porta dietro il lavoro che le maestre hanno fatto con la propria sezione. Il tempo, le esperienze, le metodologie differenti. L’allestimento è stato studiato in base alle opere selezionate per essere esposte.
Tutte le opere sposte sono state realizzate durante l’anno scolastico dai bambini con le proprie insegnanti. L’unico lavoro in cui sono intervenuta è quello collettivo messo in locandina. Perché volevamo come icona dell’evento un’opera che simboleggiasse spirito e approccio del progetto , ma anche della scuola. Dunque abbiamo provveduto a lavorare in gruppo e per stratificazioni grafiche, alternando bambini delle diverse sezioni e utilizzando tecniche differenti.
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Arte a scuola
Costruire autostima, occuparsi delle relazioni, conquistare sicurezze e competenze, esprimersi, conoscersi. Sono alcuni degli aspetti da cui non può prescindere chi educa i bambini. Chi divide con loro il quotidiano. La scuola dell’infanzia resta il luogo privilegiato per la sperimentazione grafico pittorica, per l’esplorazione materica, per la ricerca espressiva con linguaggi non verbali. Portare fuori quest’universo e raccontarlo è stato il nostro obiettivo primario.
Potevamo considerarla solo una festa di fine anno , solo un’esposizione di disegni di bambini e bambine in età prescolare. Già così avrebbe avuto il suo peso sociale e culturale. Ma noi l’abbiamo voluta considerare anche questo. Ma non solo. “Maestra facciamo un’arte?” è voluta essere una riflessione sul valore educativo dell’arte. Un momento di confronto professionale, emozionale, relazionale. Uno spazio di incontro tra cittadini, genitori, scuola e territorio. Una racconto caleidoscopico di quanto c’è dietro anche un solo disegno.
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Presupposti e metodo
Chiamata a coordinare l’aspetto organizzativo ed espositivo, ho modellato il mio contributo tenendo conto dei bisogni maggiori che ho rilevato nel tempo, frequentando educatori, docenti, operatori. Cosa manca?
Un adeguato momento di restituzione del lavoro: ci concentriamo più frequentemente sul progetto e sulla realizzazione di esso, ma raramente lasciamo spazio al momento in cui mostrare i risultati e recepire i feedback. È un errore credere che si possa fare a meno di questo momento.
Una appropriata documentazione dei progetti svolti: soffocati da mancanza di tempo, immobilizzati da impegni burocratici, procedendo per emergenze perdiamo tanta parte di lavoro perché non riusciamo a documentare e archiviare in maniera funzionale.
Un dimensione di ascolto e confronto tra persone, prima che tra professionisti: la qualità del lavoro svolto passa dalla considerazione con cui vediamo accolti i nostri sforzi. Che innanzitutto devono essere enucleati.
La mostra è stata allestita in uno spazio espositivo che prevedeva due sale rettangolari attigue. Nella prima sala senza percorso prestabilito, abbiamo codificato lo spazio contrassegnando ogni tema con un colore, in modo da rendere il percorso di visita il più autonomo e flessibile possibile. Abbiamo inserito postazioni con giochi interattivi. Nella seconda sala più piccola abbiamo organizzato uno spazio consultazione, rilegando i lavori non esposti. E previsto un maxi schermo retroilluminato su cui scorrevano le foto dei bambini al lavoro.
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Le cartoline e la boccia dei pesci
Invece di inserire un libro di firmare per la visita, abbiamo preparato delle cartoline disegnate dai bambini, che recavano come francobollo un arcobaleno. Abbiamo chiesto a chi visitava la mostra di lasciare un messaggio da imbucare nella vasca dei pesci con la promessa di leggerlo ai bambini nei giorni successivi. Con questo simbolo si è voluto evidenziare l’andamento circolare che abbiamo assegnato alla Mostra. Sottolineando che ciascuno di noi ha il suo ruolo nel cerchio della…cultura. Siamo partiti dai bambini e il loro diritto all’arte e alla cultura –> passati attraverso le proposte delle maestre –> mostrato alla comunità cittadina il prodotto finito e il percorso fatto –> accolto le reazioni del territorio –>  ritorno dei commenti a scuola dai bambini! L’ultimo passaggio diventa nuovamente il primo! Ciascuna componente esiste e si sostanzia attraverso le altre. Il passaggio precedente prepara quello successivo, che attraverso il primo si rafforza. Se viene meno una componente si crea un gap comunicativo e il dialogo costruttivo si interrompe.
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I numeri della mostra
1 il comprensivo a cui appartiene la scuola Arcobaleno. 2 i numero minimo di disegni esposti per ogni bambino. 16 le ore in cui è rimasta aperta la mostra. 4 le sezioni che hanno partecipato. 11 le maestre coinvolte. 18 gli articoli della Carta dei Diritti all’arte da cui nasce il progetto. 181 le cartoline con i commenti imbucate per i bambini. 250 i visitatori totali stimati. A cosa mi servono i numeri, se non a visualizzare idee? Li ho contestualizzati e tradotti in conferme o in sorprese. Questa mostra mi ha confermato il dirompente potere delle immagini fatte dai bambini. La gioia che procurano. Il costante bisogno di sentirsi riconosciuti. La sorpresa è stata la durata media della visita: chi entrava sembrava non aver fretta di uscire e si soffermava a leggere, osservare sfogliare, commentare, chiedere, scrivere cartoline. Percepito come un ambiente bello da vivere, familiare e confortevole.
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Le maestre
Io devo il mio profondo ringraziamento alla Scuola Arcobaleno. A tutti: Annamaria, Teresa, Monica, Daniela, Gabriella, Federica, Linda, Fiorella, Stefania, Alessandra, Anna, Elena, Francesca, Simone. Ma anche a tutto il personale scolastico (cito per tutti Martina e Antonella). Perché il successo di un progetto è sempre un mix di condizioni favorevoli. Un lavoro così complesso è stato possibile grazie a impegno e volontà dell’intero gruppo-scuola. Dopo le palpabili perplessità dei primi incontri in cui esponevo le prime proposte, sono stata letteralmente travolta dall’entusiasmo. Sono stata testimone della loro quotidianità fatta di gesti concreti. Avvolta poi da una coltre di crescente e costante emozione. Ciascuna a proprio modo, col proprio approccio critico e metodologico. Mi sono messa in ascolto, con grande curiosità, di chi ha voluto raccontarmi il proprio lavoro. Dunque un pezzo di sé. Abbiamo esaminato e dibattuto insieme qualunque aspetto della mostra: dalle opere da scegliere, a come posizionarle a cosa di esse raccontare. È stata un’esperienza sorprendente! Umanamente toccante. Professionalmente potente.
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I bambini
Ultime ma non ultime le mie considerazioni sui bambine e bambini protagonisti della mostra con cui ho avuto il piacere e l’onore di condividere qualche ora in classe e lo spazio in mostra. Le maestre si sono preoccupate di preparare i bambini a questo evento. Presentando la mia figura, dialogando di ogni aspetto, interrogandoli su grandi temi (per esempio cos’è bello cosa no?) e ascoltando domande e raccogliendo esclamazioni, considerazioni, dubbi. Il titolo stesso della mostra è la domanda che un bambino fa alla sua maestra! Segno di un dialogo aperto e costruttivo. I bambini hanno vissuto questa esperienza con grande eccitazione e responsabilità, ma anche tutta la profondità e la leggerezza di cui sono capaci. Venuti alla Mostra con il vestito della festa hanno cercato esposte i propri disegni, indicandoli a tutti. Hanno interagito con la proiezione video in un gioco di visione e rappresentazione irresistibile. Hanno invitato all’esposizione nonni, amici, parenti o l’intero condominio. Hanno mantenuto il contegno dovuto il tempo necessario e poi hanno giocato a tana nascondendosi tra gli espositori.
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Il meglio di noi
Tra il disfattismo culturale e l’arroganza accademica io scelgo la strada dei bambini. Scelgo di investire su dinamiche positive. Scelgo di raccontare il lavoro silenzioso di chi quotidianamente si mette in gioco lottando contro stanchezze, sconforti, incomprensioni. Scelgo l’Arte come sguardo permanente. Come possibilità di determinarsi e definirsi. Come necessità di espressione. Scelgo di nutrirmi del meglio di ciascuno di noi. E allora non venite a raccontarmi che le cose non potranno mai funzionare come se fosse la verità assoluta. A questo non credo. La differenza siamo noi.